Nuovo codice appalti e delle consessioni.
Come noto il 18/04/2016 entreranno invigore le direttive 23-24-25 del 2014 codificate dal legislatore nostrano, e molto probabilmente anche il restante codice degli appalti.
Come già accennato sono in corso una serie di attività formative, chinque voglia ospitare seminari e convegni può contattarmi.
Da una prima analisi il nuovo dodice sarà più complesso e comporterà solo alcune semplificazioni .
Giusto per essere pragmatici con i lavori ancora in corso il nuovo codice consta di 106741 “termini” contro i 103617 del D.Lgs 163/06.
Sfatiamo subito qualche luogo comune .
Primo mito: si tratta di una delle “riforme” del Governo per rilanciare l’Italia. Non è una riforma spontanea, ma “spintanea” indotta dalla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 e da approvare entro il 18 aprile. Dunque, stiamo arrivando con buon ritardo e al limite del tempo massimo.
Secondo mito: si rilanciano i cantieri.
Terzo mito: si tratta di un codice molto più snello grazie alla soft regulation. 253 articoli del d.lgs 163/2006 contro i 217 della riforma…( lavori in corso…)
Quarto mito: si riducono le stazioni appaltanti. Anche no, se sotto i 40.000 e i 150.000 euro si potranno continuare a realizzare gare in autonomia
Quinto mito: con le centrali uniche di committenza si risparmia. Ma il Def dice altro
Sesto mito: l’offerta economicamente più vantaggiosa assicura più qualità. Intanto, se fosse vero che obiettivo del codice è risparmiare, l’estensione dell’offerta economicamente, considerata utile per evitare ribassi selvaggi, dovrebbe sortire l’effetto opposto (quindi occorrerebbe che gli agiografi della riforma si mettessero d’accordo sui suoi effetti). In realtà, la qualità dipende dalla progettazione, non dal criterio di gara.
Settimo mito: aumenta la qualità della progettazione. Ma, se la qualità della progettazione aumentasse davvero grazie al codice, non si capisce perché l’estensione parossistica dell’obbligatorietà dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ottavo mito: le procedure sono più snelle. In realtà, le procedure sono identiche.
Nono mito: si riducono le varianti. Le varianti sono in funzione della qualità della progettazione. Se realmente questa fosse di migliore qualità, per mettere la parola fine alle varianti, agli aumenti di costo, al contenzioso e ai rischi connessi di corruzione, la soluzione sarebbe semplicissima: vietarle proprio del tutto.
Decimo mito: si qualificano le stazioni appaltanti. In realtà, sarebbero da qualificare i progettisti.
VINCENZO DE PRISCO
Professore a Contratto Università PARTHENOPE di NAPOLI in AGENDA DIGITALE PA
Docente MASTER UNIVERSITA’ della BASILICATA in Contratti PUBBLICI.
Docente MASTER Università PARTHENOPE di NAPOLI in
PROJECT MANAGER DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Membro dell’AI PACT dell’UNIONE EUROPEA
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dott.ssa Carotenuto Elisa
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